Come nasce una storia
Lo confesso, io creo storie. È più forte di me e lo faccio da sempre e, sebbene abbia iniziato molti anni fa, non ho mai condiviso con nessuno questa mia peculiarità se non con gli amici più intimi. Esse nascono di sera, poco prima di addormentarsi, quando la mente entra in quello stato indefinibile nel quale sei sveglio ma stai già sognando e la scopri a vagare in direzioni del tutto involontarie e imprevedibili; a volte capita nel dormiveglia poco prima di alzarmi e qualche volta addirittura nel sonno più profondo sotto forma di un sogno. Spesso sono solo delle immagini, oppure delle scene brevi che però racchiudono in sé un’infinità di contenuti, e sono decine, centinaia, migliaia. Molte di esse si perdono nell’oblio e scompaiono per sempre, ma alcune restano e si ripresentano, si ripetono, rafforzandosi ogni volta, arricchendosi di particolari ed articolandosi fino a diventare permanenti. Esse si radicano in me e diventano come un’idea fissa, un’ossessione, una domanda alla quale devo dare una risposta, un enigma su cui devo indagare. Da quel momento esse non smettono più di tormentarmi ed è come se si fossero tramutate in un universo indipendente che vive di vita propria, che vuole essere esplorato e che nella mia mente si manifesta come una porta. Sì, una porta; io la posso vedere, laggiù, da una parte, e non la smette mai di chiamarmi a sé. Vuole che io la apra ed entri in quel mondo, per esplorare, per indagare, ed alcune volte lo faccio; lo so già che allora per me si mette male, ma lo faccio lo stesso, perché lo voglio fare, perché io voglio esplorare. In quel caso ci devo andare con un taccuino, perché da quel momento iniziano a piovere i dati ed io li trascrivo; vedo delle scene, degli eventi, vedo comparire dei personaggi e li descrivo. Guardo e scrivo, guardo e scrivo. Se non lo faccio la mente mi scoppia perché tutti quei dati, tutte quelle informazioni nella mia mente stanno stretti e chiedono di uscire. Trascrivere quella storia infatti per me è come liberarmi e solo quando ho finito, quanto la storia è interamente trascritta, la porta scompare. E allora mi sento leggero, soddisfatto; ho risolto l’enigma, ho risposto alla domanda e sono tranquillo.
Ma solo fino alla prossima storia.
Fino alla prossima porta.
L’ho sempre fatto, ed ho iniziato un sacco di anni fa ma non ci ho mai fatto troppo caso; il lavoro e gli altri impegni mi impedivano di trovare il tempo; ma forse non era ancora il momento. E molte di esse sono state costrette ad aspettare.
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