Quanto sono importanti le parole di un amico?
Se sono qui è per vari motivi. Non esiste mai una solo causa per l’accadere delle cose, ma senza dubbio quello che ricordo sono state le parole di un amico. Lui è un artista, un architetto, che ad un certo punto della sua vita ha deciso di seguire la sua passione e per me forse è stato lo stesso. Per anni ho quasi rifiutato di essere così, per me c’erano le cose che dovevano essere fatte: da un lato c’erano i doveri, le responsabilità, e dall’altra c’erano gli artisti. Mi sbagliavo, sempre preso a separare le cose; ma la mente umana è abituata a fare questo, separare. Dicono che separare un problema in tanti piccoli pezzi, spezzare un percorso in tante piccole tappe, renda le cose più facili, ma non credo che sia così; direi piuttosto che renda solo le cose più gestibili dalla nostra mente, ma questo non per il fatto che sia migliore, giusto o efficace. Ci sono un’infinità di modi per fare una cosa e uno di questi è il nostro; spezzare, mettere in fila, dentro a cassetti, fare scalette, programmi, tabelle.
Altrimenti ci perdiamo. La nostra mente si perde.
Fatto sta che il mio amico un giorno ha deciso di dire basta a quella vita e di darsi all’arte. A fare cosa? Beh, l’attore, che diamine! Io non avevo mai riflettuto sul vero ruolo dell’artista e sul fatto di esserlo io stesso, perché lo vedevo come un “lavoro”. Ma questo non è un lavoro, piuttosto una maledizione, una malattia, una cosa che non puoi toglierti, non puoi evitare di essere. Puoi smettere di lavorare, non puoi smettere di essere un artista, perché questo non è definito dalle cose che fai, non è legato a una necessità, ma è un modo di essere, non lo fai per bisogno, ma perché non puoi evitarlo.
Non lo fai, ma lo sei.
Questo non l’avevo capito e mentre da un lato ne ero attratto dall’altro ne ero spaventato, perché non è una cosa che puoi gestire, non è una cosa che puoi smettere di fare. Certo, se nella tua visione esistono solo dei doveri, dei compiti e delle cose da fare, allora è chiaro che l’artista è un nullafacente (nulla di più sbagliato!). Ma l’uomo non è fatto solo di doveri. L’uomo ha anche bisogno di sognare.
Paolo mi ha detto questo.
Carmine, guarda che l’uomo ha bisogno di sognare e ne ha un bisogno disperato, soprattutto oggi, nel nostro mondo fatto solo di competizione e di risultati.
Paolo aveva ragione perché forse anche i sogni sono reali e sognare è una parte essenziale della vita di una persona, anche da adulto. Paolo aveva ragione perché continuiamo a sognare fino all’ultimo giorno, fino alla morte.
E forse anche dopo; forse andiamo a finire proprio nel nostro sogno. Questo è il tema del mio primo racconto, “l’attimo”; forse già allora conoscevo il mio destino, e mi restava solo da prenderne atto. Una volta un grande maestro Zen, prima di morire scrisse una parola, “sogno”, come per dire che il sogno fosse la spiegazione di tutto e che la morte consentisse ai due mondi di scambiarsi di posto, e forse aveva ragione. Sconfitta e vittoria, paura e coraggio, non sono forse soltanto sogni?
È stato allora che ho capito di essermi sbagliato e che dovevo lasciar uscire quello che avevo dentro. È un dono? Non lo so, ma credo anche che farsi troppe domande sia sbagliato. Questo lo devo a lui, che forse ha dato solo l’ultima spinta e mi ha fatto fare l’ultimo passo verso il cambiamento. È molto difficile essere artisti, perché non ti puoi rifugiare dietro ad un’organizzazione, dietro a un’istituzione, dietro a un dovere, non puoi dire “lo faccio perché devo”, oppure “lo devo fare perché è giusto”. Lo fai perché lo vuoi fare, non hai giustificazioni se non te stesso.
In realtà se un dovere c’è è forse il più nobile di tutti: quello di non tenere questo dono soltanto per sé, ma di condividerlo con gli altri, proprio come ha detto lui.
Quindi eccomi qui: io creo storie, me le immagino tutte le notti praticamente da sempre ed ora ho deciso di condividerle.
Grazie Paolo.
Lascia un commento